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SARDINIA IMMOBILIARE INFORMA:

UNITÀ COLLABENTI: DEFINIZIONE, CATASTO, COMPRAVENDITA
A seguito delle numerose domande avanzate sia da proprietari-venditori, sia da acquirenti e altri interessati al tema, in merito a ciò che comunemente viene definito “rudere”, in questo articolo si è deciso approfondire tale argomento, in modo da fornire al lettore un quadro completo della situazione generale, dal catasto alla compravendita, delle unità collabenti.
Le unità collabenti sono fabbricati non agibili e non utilizzabili in alcun modo. Si tratta principalmente di immobili allo stato di rudere o soggetti a forte degrado, che devono essere accatastati e possono, però, essere ristrutturati. Sono accatastati nella categoria F/2 e in molti, oggi, si chiedono se la loro riqualificazione dà accesso al Superbonus 110. Ecco le cose principali da sapere sui fabbricati collabenti.

COSA SONO LE UNITÀ COLLABENTI
Un’unità collabente è un immobile che si trova in condizioni tali da non produrre reddito. Un fabbricato non agibile, non utilizzabile in alcun modo o allo stato di rudere è un immobile collabente.
Generalmente i fabbricati collabenti sono fatiscenti, parzialmente demoliti o con danni strutturali ingenti come il crollo della copertura, che appunto non ne permettono l’utilizzo. Questi “immobili diroccati” per poter essere convertiti in altro e riutilizzati nuovamente devono essere sottoposti a ingenti interventi di ristrutturazione, in quanto una normale manutenzione ordinaria, ma anche straordinaria, non può essere sufficiente.

UNITÀ COLLABENTI E NORMATIVA CATASTALE
Gli immobili collabenti sono definiti con la categoria F/2: “Unità collabenti – fabbricati fatiscenti, ruderi, unità con tetto crollato e inutilizzabili”.

Per accatastare un immobile come unità collabente nella suddetta categoria F/2 è necessario seguire un preciso iter. Innanzitutto, un edificio esistente e accatastato diversamente per passare nella categoria delle unità collabenti non può semplicemente essere declassato con un aggiornamento catastale. Si dovrà procedere con una sospensione della vecchia unità, per procedere poi con un nuovo accatastamento.

Per effettuare la dichiarazione e l’iscrizione al catasto di un fabbricato collabente è necessario presentare della documentazione predisposta da un professionista, che contenga una dichiarazione e una relazione (con data e firma) a testimonianza dello stato del fabbricato collabente. Ad esse deve essere allegata anche la documentazione fotografica necessaria a mostrare lo stato del fabbricato, oltre ad un’autodichiarazione del proprietario rispetto la mancanza di allacciamento ai servizi primari, quali acqua, gas ed elettricità. Per l’accatastamento dei fabbricati collabenti, infine, non vengono mai richieste planimetrie di alcun genere.

UN FABBRICATO COLLABENTE È SOGGETTO ALL’IMU E ALLA TASI?
Quando un immobile viene riconosciuto come un fabbricato collabente e quindi non produttivo di reddito, le conseguenze si riversano anche sul piano fiscale. Per questo motivo, generalmente, non risulta essere soggetto al pagamento di tasse come Imu e Tasi. Eventuali eccezioni possono essere riscontrate in alcuni comuni in cui, nel chiedere il versamento delle imposte, si fa riferimento all’area su cui sorge il fabbricato, che può essere considerata come area edificabile e di conseguenza essere sottoposta al corrispettivo regime impositivo.

Un secondo aspetto proprio degli immobili collabenti è il loro essere esonerati dall’obbligo di presentare una serie di documentazione al momento di COMPRAVENDITA.
La legge prevede, infatti, che in queste circostanze siano disponibili l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione di conformità di quanto depositato in catasto rispetto allo stato di fatto.

INTERVENIRE SU UNITÀ COLLABENTI: SI TRATTA DI RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA?
Gli interventi necessari alla ricostruzione di un immobile collabente non sono sempre classificabili come interventi di ristrutturazione edilizia.
La normativa porta a effettuare principalmente la distinzione tra due casi:
1) da un lato ci sono tutti quegli immobili che, dopo essere stati terminati e utilizzati, sono caduti in rovina;
2) dall’altro edifici che, anche se oggi allo stato di rudere, non sono mai stati terminati al tempo della costruzione.

Questa differenza ha un significato dal momento che la definizione di “ristrutturazione edilizia”, che contempla anche interventi di demolizione e ricostruzione, è la seguente: “interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.

Se non è possibile dimostrare la completezza dell’edificio in un tempo precedente quello di caduta in stato di fabbricato collabente, allora non sarà possibile presentare solo una SCIA per un intervento di ristrutturazione edilizia, ma sarà necessario un permesso di costruire, come per tutti gli interventi di nuova costruzione.

Se si procede con un intervento di ristrutturazione edilizia, inoltre, sarà obbligatorio rispettare la volumetria (e anche la sagoma se l’immobile è sottoposto a vincoli) della preesistenza.

DETRAZIONI FISCALI: LE UNITÀ COLLABENTI DANNO DIRITTO AL SUPERBONUS?
Prima di rispondere al quesito e riportare le informazioni generali relative a questo tipo di intervento, si ricorda l’importanza di incaricare un tecnico per effettuare le adeguate verifiche, in quanto ogni immobile è una caso a sé e merita uno studio approfondito.
Le unità collabenti, in quanto a tutti gli effetti fabbricati esistenti e accatastati, possono accedere alle detrazioni fiscali spettanti a chi esegue interventi di ristrutturazione edilizia e riqualificazione energetica, purché siano rispettati determinati requisiti.
Come anticipato nel paragrafo precedente, è innanzitutto fondamentale che il fabbricato risultasse ultimato e completo prima di cadere nello stato di rovina. A questo si aggiungono ulteriori criteri a seconda del bonus fiscale che si prende in considerazione.
Ad esempio, il 
Superbonus per gli interventi di riqualificazione energetica (lo stesso vale per l’Ecobonus al 65%) spetta solo nel caso in cui vi sia un impianto di riscaldamento esistente. Alcuni immobili collabenti possono essere dotati di un impianto, per quanto non allacciato, ma molti altri ne sono sicuramente privi. Il diritto al Superbonus è esplicitato nell’art. 119 del Decreto Rilancio, che parla proprio delle unità accatastate in categoria F/2. In questi casi, si va anche in deroga all’obbligo di APE antecedente gli interventi, impossibile da ottenere nel caso in cui manchino copertura o parte dei muri perimetrali, ma è essenziale che la costruzione finale risulti almeno in classe A.

Nel caso in cui non vi sia alcun tipo di impianto nello stato di fatto, la ristrutturazione di un’unità collabente permette in ogni caso di accedere al Superbonus, ma solo ed esclusivamente per gli interventi di sicurezza sismica, fino ad un massimo di 96.000 euro.

In qualsiasi circostanza, però, l’immobile finale risultante dalla ristrutturazione deve necessariamente rientrare in una delle categorie catastali ammesse alla detrazione e, quindi, avere una destinazione d’uso residenziale.